TEATRO DI ROMA, UN COMPROMESSO COMPROMETTENTE

In merito a quello che sembra essere l’accordo raggiunto tra maggioranza e opposizione sulla nomina dei nuovi direttori del Teatro di Roma, Unita vuole esprimere, indipendentemente dai nomi che assumeranno l’incarico, sconcerto e delusione per quella che appare più come l’ennesima spartizione di poltrone piuttosto che la concertazione democratica auspicata a gran voce nel dibattito politico e civile sui giornali, in strada e perfino all’interno del Consiglio Comunale capitolino.

L’epilogo che, pare, stia prendendo forma è il risultato di compromessi che nulla hanno a che vedere con la reale volontà di rilancio del Teatro di Roma, ma piuttosto è il frutto di un braccio di ferro fittizio e simulato, una strumentalizzazione bella e buona, una non-soluzione, che può solo compromettere la credibilità, l’indipendenza e la libertà di quella specifica istituzione culturale e delle sue future proposte al pubblico.

Si sdoppiano le poltrone (come peraltro giustamente preventivato e come accade nella maggior parte dei teatri di quelle dimensioni) ma lo si fa dopo una serie di avvenimenti gravissimi e con una modalità sconcertante a giudizio di chi, avendo fatto un investimento esistenziale e totalizzante nello Spettacolo, nell’Arte e nella Cultura, assiste all’ennesimo ingresso dei mercanti nel Tempio, mercanti di destra e di sinistra.

Comprendiamo perfettamente che un teatro di quell’importanza faccia parte degli asset culturali cittadini e nazionali e che sia un luogo di strategia politica ad appannaggio di chi vince le elezioni, ma in questo percorso di spartizione delle cariche, contro il quale la quasi totalità del mondo dello spettacolo si era schierata, rileviamo, oggi come ieri, l’assenza di buona fede e la mancanza totale  di una visione in favore del Teatro come concetto ed entità, e della Cultura come valore.

Nessuno dei protagonisti di questa triste e deludente vicenda ha pensato, o pensa tuttora, al bene del teatro e dei suoi lavoratori. Nessuno ha valutato il tracollo di credibilità e indipendenza al quale sarebbe andato incontro con questo ridicolo minuetto e relativo scambio.

Era l’occasione, dopo anni di commissariamento, di portare risultati culturali tangibili, di poter affermare un nuovo corso gestionale che tenesse conto delle reali esigenze del pubblico e delle concrete istanze provenienti dal mondo delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo (peraltro sobillati – con dolo, a questo punto – nella levata di scudi contro il tentato colpo di mano), e invece ci si riduce all’ennesima spartizione pilatesca delle cariche.

Ora, secondo il consolidato schema, si dirà: “mettiamoli alla prova e poi giudichiamo”, sapendo benissimo che nessuna prova sarà giudicata, nessuna linea sarà contestata, nessun budget sarà rimodulato e nessuna lavoratrice o lavoratore avrà avuto un incremento di tutele o una considerazione artistica reale.

Riuscire, in un colpo solo, a privare un teatro – qualsiasi esso sia – di credibilità, trasparenza e indipendenza culturale è veramente un’impresa al contrario. Un capolavoro di insipienza, volgarità e pessima politica. Ci sono riusciti.